Capitolo libro – Viaggiatori a Canestro: scommessa dialogica tra le parti “in gioco”
Tratto dal libro:
Educare alla relazione. Le sfide di una scuola che cambia – Atti del Convegno di Studi – 11 aprile 2022
Indice | |
Saluti istituzionali di Marilena Ciprani | 9 |
Saluti istituzionali di Paola Cardarelli | 11 |
Saluti istituzionalidi Paola Gizzi | 15 |
Saluti istituzionali di Matteo Martini | 17 |
Introduzione Dal corpo docenti al corpo dei docenti. Riflessioni introduttive per riconfigurare il percorso dell’agire educativo Maria Cristina Fortunati | 21 |
INTERVENTI – PERCORSI NELLA CREATIVITÀ – | |
Le educazioni mancanti Danilo Vicca | 31 |
Tessere storie. I diversi linguaggi della comunicazione Rossella Capuano | 37 |
Prepararsi a non essere preparati. La creatività come chiave di volta in educazione Fabio Bocci | 51 |
Bibliografia | 65 |
Come la comunità educante può cogliere la sfida di una scuola che cambia Antonella Ciocia | 71 |
– PERCORSI TRA PSICOLOGIA E NEUROSCIENZE – | |
Consapevolezza di sé: dalle ricerche sul cervello alla pratica educativa Federico N. Montecucco | 79 |
Viaggiatori a Canestro: scommessa dialogica tra le parti “in gioco” Valeria Grillo | 91 |
Dalle problematiche territoriali all’ascolto attivo Maria Marzio | 103 |
– PERCORSI METODOLOGICI – | |
Entrare in comunicazione, gestire la relazione Tra espressività consapevole e ascolto empatico Emanuele Faina | 111 |
L’arte come strumento per educare all’apprendimento: le Visual Thinking Strategies Vincenza Ferrara | 115 |
Conclusioni Ragioni e valore di una collaborazione: riflessioni tra relazione educativa, formazione, inclusione e valutazione Valentina Violo | 123 |
Relazioni e condivisioni: alcune note a margine del Convegno Educare alla Relazione Elisabetta Troili | 131 |
Appendice Educare lo sguardo: presentazione del libro d’artista “Ema, Pablo e Jean Michel” Maria Cristina Fortunati | 133 |
Ringraziamenti | 137 |
Viaggiatori a Canestro: scommessa dialogica tra le parti “in gioco”
Valeria Grillo
Psicologa-Psicoterapeuta, Università La Sapienza di Roma
La stesura del progetto Viaggiatori a Canestro: scommessa dialogica tra le parti “in gioco” nasce sulla carta tre anni fa e prende avvio di fatto nel territorio di Frascati in piena fase pandemica, due anni fa.
Colgo l’occasione per ringraziare la Dirigente Prof.ssa Marilena Cipriani, la Prof.ssa Troili e gli organizzatori per l’invito a questo importante Convegno di studi che, con piacere, mi offre l’opportunità di documentare oggi il progetto Viaggiatori a Canestro.
Il comunicato stampa del Convegno odierno cita così: “il Convegno vuole raccogliere il testimone di una sfida educativa entro uno scambio relazionale concreto tra comunità educanti… Educare ri-scoprendo gli spazi e i tempi della relazione”. Questo è proprio ciò di cui parlerò oggi: di una scommessa, appunto, di una sfida, di uno “scambio relazionale tra comunità educanti” e di una “riscoperta di spazi e tempi della relazione.
È a diverso titolo che sono qui a presentare il progetto: come professionista psicologo, che da sempre si occupa di formazione e promozione delle competenze e delle abilità di vita trasversali a diversi contesti (per molti anni impegnato nel contesto scolastico); come madre di un ragazzo abilmente autistico, come mi piace definirlo, che attualmente frequenta il secondo anno dell’indirizzo socio-sanitario dell’IPS Maffeo Pantaleoni; come cittadina che vive in questo territorio da 20 anni; come ex giocatrice di basket: seppure arrivata a giocare negli ultimi anni di carriera a livello professionistico, ciò che è rimasto nelle trame mnemoniche corporee, emotive e cognitive dell’esperienza educativo-sportiva è stata l’esperienza vissuta nell’età compresa tra i 5 e i 17 anni, gli anni più formativi.
Esperienza che mi ha poi portata inaspettatamente ad essere oggi qui a presentare quella stessa attività sportiva non come fine ma come “mezzo per” lo sviluppo della persona.
Veniamo al progetto, che presenterò in 7 passi. Partirò dal perché, da come nasce e dal cosa è, per definire chi sono i protagonisti, quali le finalità e le coordinate di riferimento, concettuali, metodologiche e strumentali del progetto, terminando con alcuni riscontri dei diari di bordo scritti direttamente dai protagonisti dell’iniziativa.
Perché nasce Viaggiatori a canestro. Il progetto nasce dal desiderio, e dal comune intento dell’I.P.S. Maffeo Pantaleoni e dell’Associazione Polisportiva Club Basket Frascati di partecipare e contribuire alla realizzazione, sul piano educativo, dell’inclusione nonché dalla consapevolezza del forte bisogno presente sul territorio di progetti educativo-sportivi inclusivi che possano radicarsi nel tessuto di vita della cittadinanza e andare oltre la responsabilità e l’iniziativa del singolo individuo. Esso si ispira al concetto di inclusione dell’UNESCO del 1994 (Salamanca), ancora oggi, seppur datato, valido punto di riferimento: “Per inclusione intendiamo non solo le stesse opportunità educative per tutti ma anche le strategie, le strutture e le procedure operative che assicurano che tutti gli studenti riescano nel loro apprendimento”.
Secondo la Dichiarazione di Salamanca, probabilmente il più importante documento internazionale pubblicato nel campo dell’istruzione, le scuole ordinarie inclusive sono “il mezzo più efficace per combattere i comportamenti discriminatori, creare società inclusive e realizzare un’istruzione per tutti”. Cosa è Viaggiatori a Canestro. Tre sono le caratteristiche distintive dell’iniziativa:
• promuovere una precisa prospettiva culturale: il «passaggio dalla logica dei devianti alla logica dei viandanti». In modi diversi, con linguaggi diversi, sono stati enfatizzati negli interventi che mi hanno preceduta i luoghi della diversità, l’importanza dell’incontro. Il nome e il logo dato all’iniziativa riflettono questo. Tutti gli attori coinvolti nel “viaggio educativo e di vita” (studenti, docenti, genitori, dirigenti), neurotipici e non, sono impegnati, nel rispetto dei ruoli, al raggiungimento delle proprie mete personali/professionali, stando in una relazione continua reciprocamente costruttiva e vantaggiosa;
• sviluppare un progetto di rete e in rete;
• attivare sul territorio, nel medio e lungo periodo e secondo una logica di processo, un’integrazione educativo sportivo-socio-sanitaria dell’attività.
A questo proposito cito con piacere l’ingresso nel progetto di altre realtà radicate nel territorio, dall’Associazione di Promozione Sociale Mutirao, alla ASL Roma 6 che da tempo ha attivato una politica di valorizzazione del terzo settore, al Liceo M. T. Cicerone di Frascati, con il coinvolgimento degli studenti dell’indirizzo di scienze umane, alla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università Sapienza, di cui sono docente e con la quale è stata attivata la convenzione per promuovere gli incontri con le risorse dei tirocinanti in qualità di psicologi della salute, fino all’Associazione I Bambini delle Fate, nata per promuovere l’imprenditoria sociale nel campo dell’inclusione, e al più recente contributo e il patrocinio dell’UNICEF che attivamente ha cominciato a sponsorizzare il progetto.
Come cita l’accordo tra l’Ufficio Scolastico Regionale Lazio e la Asl Roma 6 (17/06/2019): “La scuola rappresenta un’opportunità irrinunciabile e determinante per la facilitazione di competenze sociali e adattive, per cui più che mai è necessario stabilire accordi inter-istituzionali mirati a mettere in rete tutte le risorse impegnate in questo specifico percorso’’15.
Chi sono i protagonisti di questo progetto. Intanto, sono i ragazzi con diagnosi di disturbo dello spettro autistico che, per comprenderci, chiameremo atleti. Con loro ci sono poi gli studenti delle due scuole medie superiori nel ruolo di peer educator, educatori alla pari che all’interno delle attività di PCTO16 , dopo aver seguito un corso di formazione, decidono di aderire o meno al progetto. Protagonisti sono anche i genitori, che spontaneamente si attivano e si autodirezionano nel progetto, in funzione del “durante noi” e in previsione del “dopo di noi”. Tanti sono i progetti inclusivi che purtroppo possiamo definire progetti-meteore, nel senso che pur essendo molto interessanti vivono finché vive chi lo propone. Lo spirito e la visione del progetto Viaggiatori a Canestro è che possa andare oltre i proponenti e le singole persone che vi sono oggi impegnate e che possa radicarsi tra raccordi interistituzionali, anche per rispondere al forte bisogno di progetti inclusivi consolidati sul territorio nel medio-lungo periodo. Non ultimi, protagonisti sono anche i cittadini. Quali sono le finalità dell’iniziativa. L’asse portante di questo progetto, rispetto a tutti i protagonisti e gli attori coinvolti, è costituito dalla promozione delle “abilità di vita” così come le definisce l’OMS (Organizzazione Mondiale di Sanità), sociali, cognitive, emotive, relazionali. Per entrare più nel merito di quelle che sono le abilità di vita, un aspetto interessante lo abbiamo osservato durante la giornata di formazione ai futuri peer educator. Abbiamo fatto una mappatura nelle classi di quelli che gli studenti ritengono essere i punti di forza personali che sentono di poter già mettere in gioco nell’esperienza del progetto e dei punti che invece ritengono essere non tanto difetti quanto margini di miglioramento nei confronti dei quali avvertono un bisogno di crescita e rispetto ai quali sentono di poter ricevere un bene dalla partecipazione all’iniziativa.
15 Gildo De Angelis – Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale Lazio
16 Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento
Ebbene, è davvero interessante raccogliere trai i punti di forza espressioni come “acquisire fiducia”, “poter avere veramente la capacità di entrare in relazione” oppure tra i punti di debolezza “sento veramente di poter ascoltare ma talvolta temo di non riuscire a definire i confini, quando fermare il mio altruismo in un ascolto nei confronti dell’altro”. Quest’attività laboratoriale con ragazzi e la condivisione con loro ha rappresentato la declinazione più piena ed efficace della definizione che l’OMS dà per Life Skills. Ed ecco quindi che il progetto è diventato un laboratorio di incontri e di abilità di vita. Quali sono le coordinate di riferimento. Non possiamo certo entrare nel dettaglio ma i riferimenti sono all’interno di modello bio-psico-sociale e fanno riferimento a tre assi: dinamico-evolutivo, che rimanda ad una visione processuale degli eventi e non statico-accrescitiva; sistemico; concettuale.
Sono le coordinate che riflettono l’orientamento della psicologia ad occuparsi di psicopromozione dell’individuo nei contesti, oltre ad occuparsi della più nota psicoterapia negli studi professionali (intendiamoci servono entrambe):
• Approccio dinamico-evolutivo, che focalizza l’attenzione alla dimensione temporale, quindi processuale, degli eventi. A superamento di una dimensione “statico-accre-scitiva” si contrappone una dimensione dinamico-evolu-tiva che richiama l’attenzione alla dimensione “temporale degli eventi, alla loro storicità”: Ad esempio, la medesima risposta comportamentale di un ragazzo può essere codificata “negativamente” nella prima visione e molto positivamente, in termini di “crescita”, nella seconda; Mi viene in mente un episodio, tra i molti, tanti, episodi che potrei citare, che riguarda un ragazzo con abilità autistica che inizialmente non voleva partecipare al progetto e che dopo poche settimane era invece diventato quello maggiormente protagonista dell’esperienza. Poi, negli ultimi due mesi, ha cominciato ad avere comportamenti scontrosi, di rifiuto. Noi tutti li abbiamo notati, gli stessi peer educator li hanno osservati. Nel nostro spazio di riflessione pre-allenamento ci siamo dati tempo. In uno degli interventi che mi ha preceduto si è parlato dell’importanza della lentezza nell’educazione.
Ebbene, è poi venuto fuori che questo ragazzo aveva in quella fase un rifiuto della diagnosi di autismo e quindi in un’ottica processuale era in un momento dinamico ed evolutivo importantissimo. Ha quindi lasciato il progetto. Di fatto, questo ragazzo, che aveva comunicato una sorta di odio nei confronti dello sport del basket, oggi si allena e gioca in un’altra struttura sportiva, insieme a ragazzi cosiddetti “normodotati”. Si è attuato un passaggio sistemico, nel senso che tutte le parti del sistema, da quello scolastico a quello familiare e dei cittadini, parti una imprescindibile dall’altra, hanno contribuito ad avviare il percorso anche se la scommessa dialogica è quella di far sì che il dialogo continui tra le parti in gioco.
• Approccio co-costruttivo, che trae i suoi fondamenti nel concetto di mutualità ericksoniana: due componenti in senso lato – ruoli, gruppi, generazioni – in relazione, dipendono (interdipendono) l’una dall’altra per lo sviluppo delle rispettive potenzialità”. Ancora una volta mi torna in mente quanto scritto nel comunicato stampa di questo convegno: “Educare ri-scoprendo gli spazi e i tempi della Relazione.”
• Approccio sistemico, che abbraccia una visione olistica e transazionale della persona nell’ambiente, e che tiene quindi continuamente conto del “sistema scuola” nel quale si è inseriti per riformulare e adattare continuamente gli obiettivi prefissati al contesto nel quale si è inseriti.
Quali sono le coordinate di riferimento. Partiamo da quelle metodologiche. Il modello Skills for life fa riferimento, è il frutto, della sperimentazione commissionata dal MIUR nella prima decade degli anni 2000 alla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute (SSPS), relativa all’introduzione della Life skill education nella scuole di ogni ordine e grado (che mi ha vista coinvolta per circa dieci anni, come docente della SSPS, presso le province di Verona e Grosseto). Il modello delle Skills for life e le pubblicazioni che hanno fatto seguito alla sua elaborazione sono in qualche modo la testimonianza di un tale impegno decennale17. Sintetizzando, la metodologia “Skills for life” non può che essere descritta per concetti (o parole) chiave:
– si fonda sul concetto di sviluppo personale e sociale degli studenti rispetto al quale tutte le parti del sistema scuola sono protagoniste (agenti di cambiamento): gli studenti,
l’organizzazione scolastica, gli insegnanti, la comunità nella quale si è inseriti (piramide);
– è qualcosa di trasversale e non di aggiuntivo all’erogazione delle discipline: come il docente, attraverso l’erogazione delle discipline, ma anche fuori dall’aula, può sostenere lo sviluppo personale e sociale dello studente;
– si fonda sul concetto di bisogni insiti in ogni agente di cambiamento.
Quali sono le coordinate di riferimento operative. Ogni educatore alla pari segue un corso di formazione dapprima a scuola dopo di che partecipa a due allenamenti a settimana sul campo.
17 V. Grillo, M.P. Gagliardi, Psicologia della salute, “Skills for life” e “Progetto CARE”: presentazione di un percorso. Psicologia della salute, Quadrimestrale di psicologia e scienze della salute. FrancoAngeli, Milano, 2012; M. Bertini, P. Braibanti, M.P. Gagliardi, il MODELLO “Skills for life”. La promozione dello sviluppo personale e sociale nella scuola, FrancoAngeli, Milano, 2006.
In apertura ho ricordato che abbiamo avviato il progetto in piena fase pandemica. Quella che sembrava una condizione sfortunata ci ha immerso in realtà in una sfera quasi magica. Un terzo elemento operativo è costituito da un’ora di co-visione pre-allenamento, ovvero di uno spazio condiviso di riflessione su mirato a promuovere un atteggiamento dialogico18. Uno spazio libero, non direzionato, che genera sempre stupore per la possibilità che apre al conoscersi e incontrarsi.
L’ultima coordinata, quella strumentale, fa riferimento ai diari di bordo, strumento soggettivo introspettivo, semi-strutturato, che stimola il processo riflessivo dello studente nel corso dell’esperienza19.
Credo che il modo migliore per capire cosa sia il diario, ma in generale per trasmettere lo spirito del progetto e dell’esperienza sia leggere, condividere insieme alcune righe.
Nei precedenti interventi si è parlato di quanto sia importante poter recuperare spazi di recupero dei propri pensieri, in cui sia possibile coordinare, riorganizzare e integrare le tattiche cognitive, emotive e relazionali. Il diario di bordo è uno strumento soggettivo, introspettivo, che viene presentato ai ragazzi che familiarizzano con lo stesso durante la fase di formazione e che poi li accompagna lungo tutto il percorso.
18 E. Arnkil, J. Seikkula, Metodi dialogici nel lavoro di rete, Erickson, Trento, 2013.
19 C.M. Coonan La Ricerca e Azione, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia, 2000,
vol. I, pp. 9-30
Credo che il modo migliore per capire l’essenza del progetto sia quella di leggere alcuni estratti dai diari di bordo. Quello che segue è un brano dal diario di una studentessa:
“Caro diario,
dopo diverso tempo che ti tenevo chiuso e impolverato oggi ho deciso di riaprirti e raccontarti di un nuovo capitolo che si è affacciato nella mia vita in modo inaspettato. Si tratta di un progetto, un progetto che ho visto subito come una crescita sicura in ogni essere umano, un qualcosa che vuoi o non vuoi, nella tua vita avrebbe fatto la differenza. Definire tutto quello che sto per raccontarti in un “progetto” non mi piace … missione, questa è la parola che ripeto nella mia testa ogni volta che mi alzo per andare dai miei ragazzi. Chi sono i miei ragazzi? Sono proprio dei piccoli grandi adolescenti come me che hanno bisogno di una stretta di mano e un grande sorriso per far sì che la loro giornata possa essere diversa, e noi con un pallone da basket e un’immensa palestra cerchiamo di far capire loro che non sono “sbagliati”, anzi che proprio nel loro modo buffo ed estremamente meraviglioso fanno vivere noi nella maniera giusta.
Oggi è iniziata la mia missione, tra ansia e sentirsi inadeguata ho preso coraggio ed ho iniziato la mia mattinata al Basket Club di Frascati. Oggi ho avuto l’onore di stringere la mano di P., beh cosa si può dire … è energia! Riesci a fare canestro con la sua concentrazione ed è irraggiungibile quasi impossibile stargli dietro nella corsa, percepisce qualsiasi gioco all’immediata visione.
Secondo me lui parla, anche se non bene si esprime con i suoi occhi e forse è proprio questo quello che lo rende SPECIALE!
Dobbiamo lavorare di più sul suo modo di concentrarsi al lancio della palla nel canestro perché sono sicura che potrà farlo senza che io gli dica di fermarsi, ma sono sicura anche che raggiungeremo il nostro obiettivo.
P. S.: … Abbiamo fatto un’ora e mezza di duro allenamento, ma mi sono portata a casa tantissime emozioni e soddisfazioni anche se in poco tempo. Ti fa capire nella maniera più assoluta quanto alzare una piccola asticella sia importante e soddisfacente … ci riaggiorneremo tra una settimana emozionata come sempre per far parte di questa famiglia.”.
Un peer educator (osservatore fuori campo):
“Oggi per me, è come se fosse stato il primo giorno…. non è che mi piacciano molto i cambiamenti poiché ho spesso il timore di sentirmi in imbarazzo e, dunque, di non riuscire a comportarmi come dovrei…
Eppure c’è da dire che, soprattutto grazie alla riunione fatta nell’ora precedente all’allenamento, ho capito che cambiare e trovarsi in situazioni che all’inizio sembrano non piacerci non sempre è un male… anzi è fonte di crescita e soprattutto sarà fonte di conoscenza. Avevo forse paura di essere poco utile.. Ma è bastato un sorriso di A. o il cinque che mi ha battuto P. a farmi capire che troppo spesso “spreco” tantissimo tempo immaginando situazioni effettivamente molto più grandi e complicate di quello che poi si riveleranno. Stando seduti e osservando si può avere una visione d’insieme molto utile…”.
Scrive ancora un papà:
“Inizialmente ero scettico, lo ammetto, esperienze passate mi hanno portato ad essere più diffidente. Poi è stato un crescendo ed ora mi sento anche un pizzico parte attiva di questa iniziativa. Mi emoziona vederli in campo, i ragazzi peer e i nostri ragazzi insieme. Li osservo allenarsi ed avrei voglia di unirmi a loro per respirare io stesso quell’energia e quella spontanea complicità. Ringrazio V., la CBF ed i loro tecnici sportivi, tutti i ragazzi e ragazze peer, i genitori con i quali si è instaurato un costruttivo confronto, le scuole e gli enti che a vario titolo stanno cooperando.”.
Nell’auspicio che il progetto continui ad essere un pretesto (un “terreno fertile”, che vi invito a venire a visitare) per continuare a promuovere un dialogo (un atteggiamento dialogico) tra tutte le parti coinvolte, concludo con una citazione di Claudio Magris:
“L’uomo, per essere e diventare tale, ha bisogno di vivere in un porto di mare, luogo dove le differenze siano normali, in cui la diversità degli altri non spaventi, non irriti, ma sia vissuta con serenità”.
Ringrazio tutti voi per l’attenzione.